Memorie dal fienile
Memorie dal fienile.
di Maria Facci
L’anima del nostro lavoro è la stalla, diceva il papà,
dalla stalla viene tutto: il latte, il burro, il formaggio,
la carne e anche il pane, il vino, le verdure dell’orto
attraverso il concime prodotto nella stalla.
Alla stalla il papà dedicava gran parte del suo
Tempo, le mucche erano sue creature, le aiutava a
nascere, crescere, proliferare, da lui venivano accu-
dite, sfamate munte, spesso invecchiavano tra noi.
Ci tornava anche di sera dopo cena nella stalla,
controllava la loro digestione, il modo in cui rumi-
navano – è una fase delicata – diceva.
Contava le masticazioni di ognuna che dovevano
essere non meno di quarantacinque tra una
deglutizione e l’altra.
Quando si accorgeva che qualcuna di loro non
Raggiungeva il numero ottimale di masticazioni,
entrava preoccupato in cucina rivolgendosi alla
mamma la quale capiva subito cosa avrebbe dovuto
fare: si affrettava a scaldare la lama di un coltello,
estraeva dalla moscaiola un pezzo di lardo,
lo tagliava a striscie sottili, inseriva qualche bacca
di ginepro e poi ne faceva una piccola palla che il
papà somministrava alla vacca per aiutarla a digerire.
Nelle forme più ostinate il lardo veniva sostituito
Con dei semi di lino bolliti nell’acqua e fatti
Ingurgitare all’animale mediante una bottiglia
Che fungeva da biberon.
Mentre le mucche digerivano, il papà, con i
Gomiti appoggiati alla staccionata, con lo
Sguardo attento su tutte cinque, recitava in solitudine
Le preghiere della sera e in quei momenti si
Riconciliava con la vita e con Dio.
Il tempo passa, l'azione resta.